Introduzione alla mostra

I tesori di La Spina
I tesori di La Spina

I Tesori di La Spina

intersezione d'arte in un piccolo borgo a cura di Loredana Bucchi

Paolo Pacifici
Sindaco Comune di Campello

Siamo convinti che una comunità possa crescere e dare il meglio di sé con la partecipazione diffusa di singoli cittadini e associazioni alla promozione ed alla valorizzazione del territorio. La collaborazione tra diversi attori, non solo istituzionali, operanti sul territorio consente, in particolare in piccole comunità come quella di Campello sul Clitunno, di raggiungere i migliori risultati in termini di sviluppo e di crescita. La nostra amministrazione comunale, convita di tali presupposti, con estremo entusiasmo favorisce ed incoraggia iniziative di promozione artistica e culturale del territorio, sostenendo chi le realizza con il proprio lavoro e con un impegno quotidiano, svolto spesso in forma di puro volontariato. La mostra d’arte “I Tesori della Spina”, organizzata dall’Associazione Contemporanea e dalla Pro Loco Spina, in occasione della XXV edizione della Sagra del tartufo estivo, è il frutto di questo importante contributo al nostro territorio. Da tempo le due associazioni, ognuna con le proprie peculiarità e caratteristiche, si dedicano a numerose attività di promozione. Il loro quotidiano impegno contribuisce ad accrescere l’interesse per il Comune di Campello sul Clitunno. Oggi, con questa iniziativa, si celebra l'arte nell'arte, l’esposizione en plain-air di opere artistiche contemporanee. L’aver individuato il borgo di La Spina e le sue caratteristiche viuzze come una cornice di suggestiva e naturale bellezza architettonica e paesaggistica per una mostra d’arte, è motivo di ulteriore valorizzazione per tutto il territorio. L’evento organizzato all'aperto è così più vicino al fruitore e favorisce un maggior interscambio tra l’autore dell’opera e l’osservatore. La mostra nasce con l'intento di far concretamente conoscere Campello anche nei suoi luoghi meno frequentati ma straordinariamente suggestivi, abbellendo il territorio con opere della più pura creatività e rendendolo, nel rispetto della sua incontaminatezza, un punto di riferimento artistico e contemporaneamente un luogo di innovazione culturale integrata con l’ambiente. Il territorio della Spina di Campello accoglierà quindi le opere di 19 artisti contemporanei, creando questo magico dialogo tra un borgo così suggestivo e l’arte. Un singolare progetto che permetterà di valorizzare non solo il piccolo borgo montano, ma tutto il territorio campellino, offrendo ai numerosi visitatori uno spettacolo di straordinaria armonia tra arte, paesaggio, storia e cultura. Un ringraziamento particolare va agli artisti, provenienti da varie parti d’Italia, a Loredana, spirito creativo ed energia propulsiva dell’associazione Contemporanea ed a Santino, instancabile ed inesauribile motore della Pro-Loco Spina.

Santino Fortunati
Presidente Pro - Loco Spina

La Spina di Campello sul Clitunno ha un territorio contraddistinto da una forte presenza di tartufaie naturali e dall’eccellenza di prodotti tipici. Sin dalla prima edizione di quella che è diventata una tradizionale manifestazione, la Pro-Loco Spina, anche grazie alla insostituibile ed entusiasta collaborazione della comunità del paese, si impegna a creare non solo un’occasione di promozione dei prodotti locali, ma anche di conoscenza e misura del patrimonio ambientale e storico-culturale del luogo. In questa venticinquesima edizione della Sagra del tartufo estivo
e dei prodotti tipici, grazie alle proposte presentateci da Associazione CONTEMPORANEA tramite Loredana Bucchi, si è voluto creare un incontro tra arte contemporanea e patrimonio ambientale. Sono convinto che questa iniziativa susciti l’interesse che merita, affinchè La Spina possa rappresentare, in manifestazioni future, una vera risorsa capace di valorizzare pienamente il territorio ed i suoi prodotti.

Loredana Bucchi
Presidente Associazione CONTEMPORANEA

Arte - Emozione senza desiderio in un piccolo borgo.
Niente nasce dal nulla: tutto ciò che ci viene dalla creatività di una società è certo “figlio del passato”. Ho sempre vissuto in mezzo all’Arte ho avuto il privilegio di frequentare amicizie nel mondo artistico, ho frequentato una
scuola d’arte e, successivamente, ho sentito la necessità di fondare un gruppo di lavoro aperto a tutti coloro che hanno la volontà di fare dell’arte la libertà d’invenzione. L’Arte, più che una passione, è parte della mia vita.
I TESORI DI LA SPINA 2008 è un progetto coraggioso. Se è vero che l’arte è una necessità pubblica e sociale dell’individuo, che riguarda la sua esistenza nella collettività quanto la sua singolare interiorità, quale miglior luogo se non questo piccolo borgo, sorto tra il XII e il XIII secolo, per
dimostrarne la validità. La proposta, l’idea e l’impegno di realizzare questo evento ha un obiettivo, quello di creare dei percorsi d’arte che investano il
territorio. Una partecipazione fuori dai musei: l’artista opera nell’ambiente. La condivisione del progetto si è realizzata grazie alle intenzioni di artisti che non rinunciano alla propria libertà di espressione e
alla capacità dell’arte di esprimere realtà possibili. Con questo gruppo di artisti, che ringrazio con grande stima, abbiamo deciso di partecipare al venticinquesimo appuntamento organizzato dalla Pro-Loco Spina. Il nostro è un tentativo di aprire la breccia emotiva, perché l’Arte dá forma e rende visibili le nostre emozioni: un piacere senza desiderio, un’esistenza senza
durata, una bellezza senza volontà.

Massimo Mazzone
Docente di Scultura, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano.

Arte, politica e territorio
Sappiamo che la tendenza dominante oggi è legata all'idea di una città perennemente in espansione, all'urbanizzazione integrale del territorio; dove la campagna, i boschi, il mare, il paesaggio, divengono siti da “valorizzare” ossia, da mettere a frutto in teoria e, da sfruttare, in pratica. Tutto tende ad una omogenizzazione della proposta di entertainment, le strade del vino, centomila musei deserti, che espongono spesso inutilmente qualsiasi cosa, i prodotti D.O.C. Tutto si predispone per accogliere le varie categorie di turisti. Purtroppo, questo spesso viene confezionato solo per i turisti e non già per i cittadini residenti...l'etimologia fa che la politica nasca con la polis. La polis platonica somiglia abbastanza alla città come sta diventando adesso nel senso che il confine è in continuo cambiamento. Se da un lato, alla crescita della polis corrispondeva la nascita di colonie, che espandevano di fatto i confini cittadini, tuttavia si intendeva circoscritto il territorio proprio. Prima di allora la città era un sistema ecologico, cioè la città poteva esistere se nei dintorni si produceva la maggior parte di quello che serviva ai cittadini. Oggi invece il bordo delle città tende a vaporizzarsi, a farsi indistinto, ad assorbire sempre maggiori quantità di spazio. Così la città in origine è territorio, non edifici e quartieri, case e uffici pubblici, tuttavia è anche un luogo circoscritto mentre la città contemporanea, sfora, dilaga, tende ad un'occupazione totalizzante dello spazio. Le grandi manifestazioni internazionali d'arte o d'architettura, a partire dal 2000, raccontano e veicolano questa idea di megalopoli in crescita esponenziale che divengono, poli di attrazione formidabili, luoghi di rivoluzioni di costume, di produzione e consumo di informazioni, merci, economie... Questo significa che la città occupando tendenzialmente tutto il territorio finisce per identificarsi con la politica, con l’arte di governare e allora la politica nasce e rimane vincolata al territorio. Ma come direbbe il geografo Giuseppe Dematteis: qualunque cosa facciamo, come individui e come società, dobbiamo fare i conti con i beni e le risorse naturali primarie, con gli equilibri idro-geologici ambientali e sismici, con lo smaltimento dei rifiuti, con il patrimonio storico-artistico, con il capitale fisso esistente: strutture e infrastrutture, con i radicamenti culturali, ecc, con una serie di cose che sono legate alla materialità del territorio. Sono tutte queste cose, saldamente legate al suolo e variamente distribuite nello spazio geografico, che combinandosi tra loro e per l’esigenza di vivere, di abitare, di produrre, di significare e, se si vuole, persino di sognare, che modellano la cultura e la società. Il territorio funziona come un grande integratore. Questa capacità del territorio di porsi come integratore viene definita dalla letteratura scientifica “territorialità” e la politica può essere dunque, essenzialmente intesa come una territorialità attiva. Il geografo svizzero Claude Raffestin, la territorialità la definisce così: “L’insieme delle relazioni che una società e perciò tutti quelli che ne fanno parte, intrattiene con l’esteriorità e l’alterità (dove l’esteriorità sarebbe il mondo esterno e l’alterità sarebbero gli altri) per soddisfare i propri bisogni con l’aiuto di mediatori, nella prospettiva di ottenere la maggior autonomia possibile, tenendo conto delle risorse del sistema.” Tanto maggiore sarà la messa in pratica di tale territorialità attiva, altrettanto il territorio conoscerà uno sviluppo, si economico, ma anche democratico, in quanto si apre, ed apre, a progettualità socialmente condivise. Va anche aggiunto che la globalizzazione, quel processo in cui il rapporto tra politica e territorio diventa un rapporto prima di disarticolazione del territorio e poi di riarticolazione, cioè di riterritorializazzione, influisce sulle identità locali. Ancora Dematteis: Sappiamo che il territorio su cui viviamo è da sempre
un globo, però è solo da una trentina di anni che si parla di globalizzazione; non che prima non esistessero delle relazioni a livello mondiale, ma venivano chiamate relazioni internazionali, non si pensava all’idea del globale, diciamo che la Terra era pensata piuttosto sul piatto. Se le reti internazionali esistevano già, avevano però dei radicamenti nei sistemi locali. Gli attori pubblici e privati di queste relazioni erano radicati in questi luoghi e gli stessi mercati, sia quelli del lavoro che quelli finanziari, erano nazionali, circoscritti nei confini dei vari stati. Fintanto che la gestione e il controllo dei flussi si è mantenuto territoriale le reti potevano essere governate dai territori, ma oggi che abbiamo la mobilità di informazione, di capitali finanziari, ecc., reti e flussi sfuggono al controllo che lo stato può esercitare sul suo territorio. Queste reti si sono rese così sempre più autonome e i territori sono diventati sempre meno sovrani e si è venuto instaurando un rapporto tra reti globali e territori nazionali, in cui nessuno è
in grado di controllare veramente l’altro. Tuttavia, anche se i nodi di queste reti non sono più radicati nei territori nazionali essi devono comunque trovare quelli che un economista francese, Pierre Veltz, definisce “ancoraggi”. Infatti non esistono reti che fanno il giro del mondo senza mai fermarsi da nessuna parte e questa necessità di ancoraggio diventa abbastanza stabile in alcune grandi metropoli, soprattutto nelle “città mondiali”, che sono quelle che raccolgono la maggior parte di questi nodi. Questa necessità di ancoraggio fa in modo che ancora oggi i territori possano scambiare qualcosa con le reti globali. Tutto questo ha portato però delle conseguenze nelle articolazioni e disarticolazioni del territorio stesso, perché l’effetto principale della globalizzazione non è soltanto il rischio dell’omologazione, esso consiste anzitutto nel fatto che qualunque luogo può comunicare facilmente e rapidamente con qualunque altro e qualunque soggetto che sta in un luogo può relazionarsi con qualcun altro in qualunque altro luogo. Succede quindi che mentre prima le realtà sociali e i soggetti stessi per sopravvivere avevano bisogno di avere relazioni con il vicino, e quindi c’era una certa omogeneità anche nel paesaggio, oggi questo non è più né vero, né necessario. Si possono stabilire relazioni che hanno una prossimità funzionale e non geografica e questo fa sì che ogni frammento di territorio prenda la sua strada. Lo vediamo anche nell’aspetto esteriore del paesaggio: ci sono paesaggi vicini tra loro che sono assolutamente contrastanti tra di loro e questo capita a tutte le scale, anche a scala locale. Questo processo di disarticolazione prende appunto il nome di deterritorializzazione. Quindi il grande effetto della globalizzazione è quello del ridisegno quanto a dimensioni e geometria, di tutta l’articolazione regionale del nostro pianeta. C’è anche un effetto di ritorno, conseguente, ovvero mentre si indebolisce la sovranità degli stati e avanza la frammentazione territoriale, si manifestano istanze di autonomia regionale, locale e movimenti secessionisti.È curioso che tutto questo fermento che deriva dalla globalizzazione, quindi da qualcosa che è ipermoderno, si giustifichi invece in termini premoderni. Si agitano cioè i fantasmi di un passato pre-moderno per giustificare questo venir meno delle coesioni territoriali più vaste, questo disarticolarsi, che invece è conseguenza di un fatto più che moderno. In questo contesto mondiale, va osservato che, a livello locale, una miriade di iniziative si generano quasi spontaneamente sui luoghi, nel senso che non si configurano come realtà galleggianti sul territorio ma sono radicate fortemente nel territorio e, soprattutto in Europa ed in modo particolare in Italia, nelle ricche città storiche (ricche di tradizioni, economie e identità), fin da Spoleto '62 a cura di Giovanni Carandente, si sono succedute innumerevoli iniziative artistiche che questi territori hanno informato. Tanto che oggi l'Umbria ad esempio, è considerata una “terra d'arte”, non solo per l'immenso patrimonio archeologico e d'arte antica che custodisce, non solo per le spendide collezioni presenti (basti pensare su tutti a Burri) non solo perchè numerossissimi artisti, negli anni, vi si sono trasferiti, ma anche perché incessantemente, migliaia di attività vengono proposte e promosse dalle Associazioni Culturali del territorio in consorzio con Amministrazioni Pubbliche. Le pagine che seguono in questo catalogo, descrivono un'iniziativa che si sviluppa proprio in questa linea, con grande attenzione anche a temi ecologici. A tale proposito è assolutamente importante ricordare che la politica oggi dovrebbe mirare soprattutto a riprodurre le diversità culturali attraverso i territorio perché il territorio può essere visto come una grande macchina riproduttiva di diversità, partendo dal concetto di co-evoluzione che è portatore di un altro importante concetto, quello di integrazione, indispensabile alla nostra crescita democratica e culturale.

Stefano Bottini
Critico d’arte

Del passaggio d’un mondo
La Spina è un luogo di passaggio. Nel passato è stato il posto in cui il viaggiatore stanco si poteva rifocillare, prima di continuare il percorso d’attraversamento del monte. A testimonianza di ciò un affresco nella chiesa raffigurante San Giacomo, il protettore di viandanti e pellegrini. Nel tempo sempre più persone hanno avuto possibilità di viaggiare. Se nel sette - ottocento il Gran tour era in uso tra le classi nobiliari, nel novecento diviene, sempre di più, alla portata di tutti sia per il miglioramento e l’innovazione dei mezzi di trasporto, sia per il loro costo più contenuto. Le opere d’arte moderna che rimarranno perennemente qui
installate, sono esse stesse testimonianza di un passaggio. Sono sintesi espressiva della profonda esperienza accumulata ed elaborata dal pellegrino artista, poste proprio in questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Sono in grado di portare linfa e nuova vita, un messaggio lasciato
scolpito in modo indelebile ai posteri per conservare la memoria di un mondo diverso dal rurale, da quello antico di cui, gli affreschi medievali nella chiesa, sono testimonianza. Viaggiare è cercare dentro di se con l’aiuto dell’esperienza e del modo di vivere di altri, di sconosciuti, di popoli lontani con tradizioni diverse da quelle usuali. Queste nuove opere sono specchio dei tempi che cambiano, del mondo che non si ferma, dell’artista giunto in questo luogo ascetico e sperduto a dar testimonianza dello stato delle cose, così nell’arte come nell’universo. Così come per la conoscenza dell’inglese, l’esperanto moderno, anche l’arte più della lingua consente di comunicare, d’abbattere barriere, d’avere quell’universalità che giustifica la sua presenza in un luogo così sperduto. Una visione del mondo altra, che permea le antiche mura, quasi a farle ringiovanire e trasmettere un messaggio di speranza e di continuità.